Su un altare situato nel deserto della Giudea, all’interno di una località fortificata ebraica di 2.700 anni fa, sono stati rinvenuti residui di cannabis. Si presume, che così come per l’incenso, essa venisse lasciata bruciare lentamente dai sacerdoti nel corso dei riti religiosi. Lo ha riferito la rivista del Dipartimento per le antichità dell’Università di Tel Aviv, citata dai media. A Tel Arad, fra le rovine di una fortezza situata 40 chilometri a ovest del Mar Morto, a protezione del confine meridionale del regno di Giudea, furono scoperti già 50 anni fa due altari: uno del nono secolo e l’altro del sesto secolo a.C.. Ma solo adesso sofisticati esami chimici hanno consentito all’archeologo del Museo Israel Eran Arie e alla bioarcheologa Dvory Namdar di stabilire che sull’altare più piccolo dei due c’erano tracce di cannabis mista a sterco animale, presumibilmente perché potesse bruciare a bassa temperatura. Nel secondo sono state trovate invece tracce di incenso, misto a grassi animali. La presenza di cannabis in quella regione, secondo Arie, resta per il momento misteriosa. Finora infatti non si era avuta notizia di coltivazioni del genere nelle zone limitrofe e dunque è presumibile che fosse stata importata da località remote come la Cina o la Russia meridionale. (ANSAmed).
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