A meno di un chilometro di distanza dal Serapeo di Saqqara, a circa 30 metri sotto la “Piramide a Gradoni” del faraone Djoser, si trova un altro punto interrogativo della storia che ancora non ha una risposta certa. Probabilmente si tratta della prima collezione d’arte della storia. Sembra che il faraone Djoser, vissuto verso il 2.800 a.C., abbia raccolto 40.000 vasi in una sua collezione privata.
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Probabilmente il faraone raccolse tutte queste “meraviglie” perché non venissero perse. Quindi noi conosciamo solo la data in cui venne effettuata la raccolta, verso il 2.800 a.C., ma non sappiamo con certezza né a quale epoca appartengano questi vasi, né chi li abbia creati. Sono senza ombra di dubbio gli oggetti più raffinati e artistici mai trovati fino a quel momento. Ma non è solo la loro grande bellezza ad attirare l’attenzione. Prima di spiegare in cosa consista la particolarità di questi oggetti, ricordiamo come noi umani di solito abbiamo prodotto i nostri vasi. Innanzitutto, quando si tratta di vasi artistici (ad esempio anfore con il collo allungato, o con bordi molto sottili e finemente lavorati) abbiamo sempre usato il materiale più duttile e malleabile possibile. Abbiamo usato l’alabastro, l’argilla, la terracotta, o addirittura i maestri vetrai hanno usato il vetro ancora liquido da lavorare a soffio. Questo è necessario perché solo con del materiale estremamente malleabile si possono ricavare le decorazioni più artistiche e più raffinate. Inoltre, abbiamo utilizzato qualche sorta di ruota che fungeva come tornio. L’argilla, ad esempio, girando sul tornio, man mano prende forma e diventa un vaso a base circolare.
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Molti dei vasi della “Collezione di Djoser” sono fatti di alabastro, una pietra morbida e facile da lavorare. Altri invece sono realizzati in granito o in diorite. Nella Scala di Mohs (che descrive la durezza delle pietre) la diorite è nella posizione 6 -7. Per avere una idea di che durezza si tratti, basta vedere che in questa scala l’acciaio si trova in posizione 4 – 4,5. Questo vuol dire che una punta di acciaio non può graffiare la diorite. Ovviamente non si parla di resistenza, ma di durezza. Se prendiamo un martello di acciaio e colpiamo la diorite, la spacchiamo senza tanti problemi. Ma la grandissima durezza della diorite rende questo materiale praticamente impossibile da utilizzare per creare oggetti raffinati, come vasi artistici con particolari delicati. La lavorazione di questo tipo di oggetti usando la diorite come materiale di base risulta quasi impossibile anche a noi gente del XXI secolo.
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Infatti, nei nostri giorni per lavorare il granito in maniera artistica gli scultori usano scalpellini di acciaio di varia grandezza per staccare piccoli pezzi del blocco da lavorare. In questo modo pian piano danno al blocco la forma voluta. Ma se questo metodo può funzionare per la realizzazione di una statua, non può certo funzionare per un vaso. Questo perché, anche se l’esterno del vaso teoricamente si potrebbe lavorare in questo modo (ma per dare la rotondità perfetta bisognerebbe essere un “Michelangelo”) questo diventa materialmente impossibile quando si cerca di lavorare l’interno del vaso. Più il collo del vaso è stretto, più diventa impossibile scolpire l’interno di un vaso di granito o di diorite. Per lavorare in quel modo l’interno di un vaso in pietra dura ci vuole un tornio e delle spazzole circolari fatte di quarzo o diamante che consumino gradualmente la diorite. Ma gli egiziani del 2.800 a.C. non avevano nulla di tutto questo. Inoltre, per i vasi col collo molto stretto, o con una “pancia” molto larga rispetto al collo del vaso, non funzionerebbe nemmeno questo sistema.
Quale civiltà possedeva al suo interno migliaia di artigiani che erano in grado di lavorare la durissima diorite con la stessa facilità con cui gli artisti veneziani lavorano il vetro? Questa non è una opinione. I vasi di diorite antichi di migliaia di anni sono un fatto che chiunque può esaminare recandosi a Saqqara.
(fonte: Scoperte archeologiche non autorizzate)
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